Quando arriva gennaio è sempre una grande emozione, è il momento in cui l’attesa del nuovo anno accademico, la lunga programmazione della didattica e delle attività, si concretizzano. I nuovi allievi fanno il loro ingresso nella Scuola di Naturopatia, alcuni sanno già molto bene cosa aspettarsi e cosa vogliono realizzare dopo aver terminato la scuola, altri invece non ne hanno idea, dicono che la scuola di naturopatia è un bel regalo che hanno concesso a loro stessi dopo che per una vita hanno studiato e svolto lavori che non si accordavano affatto alla loro anima. Tutti però hanno qualcosa in comune, la curiosità, l’interesse, per uno stile di vita green rispettoso di se stessi, degli altri e dell’ambiente; la passione per la naturopatia, sono certa, verrà poi, coltivata disciplina dopo disciplina, passione per la ricerca, per la sperimentazione, per lo studio dell’uomo nella sua dimensione più profonda fatta di corpo, mente e spirito.
Deontologia e Storia della Naturopatia
L’anno accedemico della Scuola di Naturopatia inizia sempre così, la prima lezione riguarda la deontologia professionale e la storia della naturopatia. Mi sembra giusto che chi si appresta a diventare naturopata deve maturare da subito la consapevolezza di cosa voglia dire lavorare da professionista in questo campo, con quali leggi, con quali quali competenze e conoscenze. Non è un percorso facile. Lo dico sempre. Non si può fare una scuola di naturopatia come dopolavoro o per hobby. E’ un impegno, con se stessi, prima di tutto. E’ un’apertura ad una nuova dimensione dell’umano che porta a riconsiderare molti aspetti della stessa vita quotidiana. La malattia, viene per caso o ha una ragione d’essere? A tavola mi sto nutrendo o mi sto solo sfamando? I miei pensieri come possono influire sul mio corpo? Cosa sono i meridiani, i chakra, o siamo fatti solo di materia tangibile? Con queste e tante altre domande si deve fare i conti. Parole come “disequilibrio”, “intossicazione”, “energia”, “forza vitale”, “costituzione” , “biotipologia”, diventano pane quotidinato. Diventare naturopati richiede un lavoro su se stessi ancor prima che sugli altri. Non ci sono regole predefinite, tre, però posso dire, sono i pilastri portanti della naturopatia:
- Primum non nocere: prima di tutto non far del male alle persone in nessun modo, ma fornire il sostegno più efficace con il minimo rischio
- Vis medicatrix naturae: promuovere l’auto-guarigione dell’organismo stimolando la forza vitale naturale
- Tolle causam: rimuovere le cause della malattia, piuttosto sopprimerne i sintomi
Le pratiche naturopatiche sono nate con l’uomo
Sebbene la parola “naturopatia” sia alquanto recente ( il primo ad usarla fu un medico newyorkese John Scheel nel 1892 unendo la parola omeopatia alle pratiche naturali da lui usate, fu ripresa poi dal suo allievo Benedict Lust nel 1902 nell’accezione di “nature’s path” ossia “il sentiero della natura”), le pratiche naturopatiche sono nate con l’uomo. Le più antiche testimonianze riguardano i Babilonesi, i quali per indicare il sacerdote, massima autorità, usavano una parola che vuol dire “colui che conosce le proprietà dell’acqua“. Millenni prima della nascita ddell’Idroterapia, millenni prima di Kneipp, i Babilonesi riconoscevano nell’acqua delle proprietà terapeutiche fondamentali per la salute dell’uomo.
3000 anni prima prima di Harvey, gli Egizi conoscevano la circolazione del sangue, il funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni. Ma non è tutto, il papiro di Hebers ci testimonia come essi conoscessero le proprietà dell’argilla e della propoli usate nel processo di mummificazione e a scopi terapeutici ed estetici, le tecniche di estrazione di alcuni oli essenziali, le proprietà dell’incenso di boswellia usato nei riti religiosi.
Dall’antica Grecia all’900
Nel VII-VI a.C in Grecia nacquero le prime scuole mediche, ma la medicina era strettamente legata a significati magico-religiosi. Dobbiamo attendere Ippocrate, padre dell’ars medica antiqua, per vedere rinnovato il concetto di malattia non più legato al concetto magico-divino. Ideatore della teoria umorale, fu il primo a parlare analisi del terreno costituzionale e della biotipologia.
Se nel Medioevo Erboristica, Fitoterapia, Fisiognomica, erano praticate da maghi e streghe perseguitati dall’ Inquisizione, solo nel IX sec. dC, con la Scuola Medica Salernitana, fortemente sostenuta da Federico II, le pratiche naturopatiche antiche troveranno spazio e si arricchiranno dell’importante contributo della cultura araba grazie a Costantino l’Africano che nel XII introdusse nella Scuola i testi arabi di Rhazes e Avicenna.
A quest’ultimo in particolare si deve l’importanza di aver raccolto nel Canone tutte le conoscenze erboristiche dell’epoca, di aver introdotto la cromopuntura e i processi di distillazione di piante e fiori, di essere l’antesignano della psicosomatica “le emozioni negative restringono il cuore facendo ammalare la persona”.
Sarà a partire dal ‘700 che grazie al pensiero naturista, grazie a Rousseau, il pensiero naturopatico inizierà a prendere consistenza soprattutto in Inghilterra e Germania. Alcuni come Just scelgono di vivere a stretto contatto con la natura, lontano dalle città, nello “jungborn” dispensa cure a base di bagni nel torrente, dieta vegetariana, uso di terre e argille, protocolli di disintossicazione.
Molti sono i naturopati dal ‘800 in poi, che hanno lasciato il segno, l’abbate Kneipp e Priessnitz per l’idroterapia, Hufeland per la riflessologia, Rikli per l’elioterapia, Felke per l’iridologia, Bach per la floriterapia, Lahman per l’alimentazione alcalina, Lust per aver fondato la prima scuola terapeutica naturopatica.
Studiando la storia della naturopatia mi accorgo di una costanza, molti grandi naturopati sono diventati tali dopo aver superato la malattia, dopo aver fatto un cammino di guarigione grazie alla ricerca personale e al contributo di tecniche recuperate dal grande patrimonio salutistico dell’antichità. La naturopatia, se moderna come disciplina, è nata con l’uomo, e la sua riscoperta è testimonianza di una rinnovata coscienza.